giovedì 25 febbraio 2010

An Education

Regia di Lone Scherfig

Produzione: Gran Bretagna 2009 BBC Films

Sceneggiatura: Nick Hornby

Montaggio: Barney Pilling

Fotografia: John De Borman

Musiche: Paul Englishby

Genere: Drammatico

Interpreti: Peter Sargaarsd, Carey Mulligan, Alfred Molina, Rosamund Pike

Data di uscita: 05/02/2010

Durata: 95’





Siamo a Londra nei primi anni 60, nel sobborgo di Twickenham vive la sedicenne Jenny (Carey Mulligan) studentessa diligente e sognatrice con un futuro promettente ad Oxford ad attenderla. Durante una giornata di pioggia, incontra per caso l'affascinante David (Peter Sarsgaard), trentenne sofisticato e colto che s'invaghisce di lei, e le farà conoscere i turbinii accecanti dell'arte, del jazz e una vita bohemien cambiando radicalmente la sua vita e le sue prospettive iniziali.

Il celebre scrittore Nick Hornby esordisce nella sceneggiatura - basata sulle memorie della giornalista Lynn Barber - portando con ottimi risultati sul grande schermo i temi a lui cari nei suoi romanzi, come la difficoltà nel passaggio tra adolescenza e vita adulta, il rapporto genitori e figli, ed il peso delle responsibilità rileggendole in chiave romantica, non rinunciando all'ironia dolceamara tipica della sua penna.
La regia affidata alla danese Lone Scherfig (Italiano per principianti) , ex esponente dei dettami della scuola Dogma 95, pur senza particolari sbavature risulta troppo piatta ed inerme, timida e regolare, senza cambi di ritmo costituendo l'anello debole della pellicola, che a sua volta invece è sorretta da un cast davvero incisivo. Grazie alle ottime prove della giovane promessa Carey Mulligan (Orgoglio e pregiudizio), perfetta nei panni della colta ed ingenua Jenny ed in odore di Oscar, e del formidabile Peter Sarsgaard (Orphan) capace di infondere eleganza e tenerezza con una recitazione in punta di fioretto, tutta giocata su piccole sfumature e giochi di sguardo. Notevoli anche le interpretazioni dei comprimari Alfred Molina (Spiderman 2) che dà vita ad un padre burbero ma dal cuore di burro e la bellissima Rosamund Pike (Il caso Thomas Crawford) nei panni della modaiola svampita.

Vincitore del premio del pubblico allo scorso Sundace Festival, An Education è un raffinato racconto d'educazione sentimentale immerso nell'atmosfera che precede la rivoluzione beatlesiana della Swinging London, dei capelli a caschetto e dell'emancipazione sessuale, narrato con raffinata eleganza e piglio classico.

VOTO 6,5

venerdì 12 febbraio 2010

Avatar


Regia di James Cameron

Produzione:
USA 2009 20th FOX

Sceneggiatura: James Cameron

Montaggio: John Refua/Stephen Rivkin

Fotografia: Mauro Fiore

Musiche: James Horner

Genere: Fantascienza

Interpreti: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez

Data di uscita: 03/12/2009

Durata: 97’


Era il 6 ottobre 1927 quando uscì nelle sale americane “Il cantante di jazz”, il film di Alan Croslond che sancì la vittoria del sonoro sul muto, mentre due anni dopo girò “On with show” il primo film a colori della storia del cinema.

James Cameron è il Crosland del nuovo millennio, un regista temerario e visionario che con il suo progetto più ambizioso - coltivato in segreto da 20 anni, ma realizzato in 11 – rappresenta un punto di svolta nella narrazione cinematografica ponendosi come spartiacque tra i vecchi film bidimensionali ed una nuova generazione di lungometraggi concepiti, girati e rappresentati in 3 dimensioni.Non più semplice espediente da intrattenimento - con oggetti che escono dallo schermo in stile anni 80 - la profondità, alias terza dimensione, diviene uno spazio in cui lo spettatore viene proiettato all’interno della narrazione respirando appieno l’atmosfera in cui sono ambientate le vicende.

Difficile condensare un opinione critica sul film senza tener presente il lungo lavoro sull’immagine perseguito con la sperimentazione tecnica e l’ausilio di nuovi mezzi, adattati o inventati per l’occasione. Ogni progetto di Cameron ha il sapore epico dell’impresa, il fascino antico della scoperta in cui la passione per il cinema si riappropria del suo ancestrale appellativo di “dream machine”.

Avatar è un mondo e Cameron ne è il suo Dio.

Impresa ‘divina’ è infatti concepire, sviluppare e far vivere le proprie creature su Pandora, in un ampio eco-sistema, dotato di flora e fauna appositamente create con l’ausilio di esperti in materia, così come la lingua del popolo dei Na’vi, dotata di un vera e propria struttura linguistica con annesso vocabolario; o infine la religione, di matrice naturalistica e spirituale in profonda e vera connessione con l’energia del pianeta stesso e le creature che lo popolano.

Non fraintendiamoci, Avatar è innanzitutto e soprattutto entertainment, ricco di azione e scene di combattimento, ma si poggia su di un’architettura imponente imbastita per stupire e rivoluzionare, i cui elementi - anche quelli apparentemente secondari- son stati concepiti e studiati fino all’ultimo dettaglio. La trama, di semplice e classica struttura narrativa certo - prestando bene il fianco scoperto ai suoi detrattori- diviene però strumento al servizio dell’immaginifico, un veicolo che permette d’introdurci nella complessità affascinante e primitiva del mondo di Pandora.

Cameron non poteva contare sull’impalcatura letteraria che sorreggeva la trilogia de “Il Signore degli anelli” di Peter Jackson e neanche la capacità di profondità e complessità narrativa che George Lucas consegnò al cinema di genere fantascientifico anni or sono, ma tutti e tre hanno la stessa imponente visionarietà che ha permesso di lasciare impronte indelebili nella storia cinematografica aprendo nuove fessure nell’infinita natura delle possibilità artistiche con l’ausilio della tecnologia che si prona al servizio della storia.

Il tallone d’Achille della pellicola a mio parere non è nella pur tanto vituperata prevedibilità della vicenda, quanto sulla mancanza di pathos suscitata da una colonna sonora scialba e dimenticabile che non si erge perentoria ad accompagnare i momenti salienti, per non parlare della “end song” conclusiva di Leona Lewis che rievoca troppo similmente i gorgheggi canori della Celine Dion di Titanic.

VOTO 7,5