Regia di James Cameron
Produzione: USA 2009 20th FOX
Sceneggiatura: James Cameron
Montaggio: John Refua/Stephen Rivkin
Fotografia: Mauro Fiore
Musiche: James Horner
Genere: Fantascienza
Interpreti: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez
Data di uscita: 03/12/2009
Durata: 97’
Era il 6 ottobre 1927 quando uscì nelle sale americane “Il cantante di jazz”, il film di Alan Croslond che sancì la vittoria del sonoro sul muto, mentre due anni dopo girò “On with show” il primo film a colori della storia del cinema.
James Cameron è il Crosland del nuovo millennio, un regista temerario e visionario che con il suo progetto più ambizioso - coltivato in segreto da 20 anni, ma realizzato in 11 – rappresenta un punto di svolta nella narrazione cinematografica ponendosi come spartiacque tra i vecchi film bidimensionali ed una nuova generazione di lungometraggi concepiti, girati e rappresentati in 3 dimensioni.Non più semplice espediente da intrattenimento - con oggetti che escono dallo schermo in stile anni 80 - la profondità, alias terza dimensione, diviene uno spazio in cui lo spettatore viene proiettato all’interno della narrazione respirando appieno l’atmosfera in cui sono ambientate le vicende.
Difficile condensare un opinione critica sul film senza tener presente il lungo lavoro sull’immagine perseguito con la sperimentazione tecnica e l’ausilio di nuovi mezzi, adattati o inventati per l’occasione. Ogni progetto di Cameron ha il sapore epico dell’impresa, il fascino antico della scoperta in cui la passione per il cinema si riappropria del suo ancestrale appellativo di “dream machine”.
Avatar è un mondo e Cameron ne è il suo Dio.
Impresa ‘divina’ è infatti concepire, sviluppare e far vivere le proprie creature su Pandora, in un ampio eco-sistema, dotato di flora e fauna appositamente create con l’ausilio di esperti in materia, così come la lingua del popolo dei Na’vi, dotata di un vera e propria struttura linguistica con annesso vocabolario; o infine la religione, di matrice naturalistica e spirituale in profonda e vera connessione con l’energia del pianeta stesso e le creature che lo popolano.
Non fraintendiamoci, Avatar è innanzitutto e soprattutto entertainment, ricco di azione e scene di combattimento, ma si poggia su di un’architettura imponente imbastita per stupire e rivoluzionare, i cui elementi - anche quelli apparentemente secondari- son stati concepiti e studiati fino all’ultimo dettaglio. La trama, di semplice e classica struttura narrativa certo - prestando bene il fianco scoperto ai suoi detrattori- diviene però strumento al servizio dell’immaginifico, un veicolo che permette d’introdurci nella complessità affascinante e primitiva del mondo di Pandora.
Cameron non poteva contare sull’impalcatura letteraria che sorreggeva la trilogia de “Il Signore degli anelli” di Peter Jackson e neanche la capacità di profondità e complessità narrativa che George Lucas consegnò al cinema di genere fantascientifico anni or sono, ma tutti e tre hanno la stessa imponente visionarietà che ha permesso di lasciare impronte indelebili nella storia cinematografica aprendo nuove fessure nell’infinita natura delle possibilità artistiche con l’ausilio della tecnologia che si prona al servizio della storia.
Il tallone d’Achille della pellicola a mio parere non è nella pur tanto vituperata prevedibilità della vicenda, quanto sulla mancanza di pathos suscitata da una colonna sonora scialba e dimenticabile che non si erge perentoria ad accompagnare i momenti salienti, per non parlare della “end song” conclusiva di Leona Lewis che rievoca troppo similmente i gorgheggi canori della Celine Dion di Titanic.
VOTO 7,5
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