Regia di Baz Luhrmann
Produzione: USA 2012
Warner Bros
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Fotografia: Simon Duggan
Scenografie: Damien Drew, Ian
Gracie
Musiche: Craig Armstrong
Montaggio: Matt Villa, Jason
Ballantine, Jonathan Redmond
Con: Tobey Maguire, Leonardo Di Caprio, Carey Mulligan, Joel
Edgerton
Durata: 142’
Della versione cinematografica dell’immortale romanzo di J. S.
Fitzgerald da parte dell’eccessivo post-pop colorato di Baz Luhrmann se ne
parlava ormai da anni, dopo varie tribolazioni produttive e distributive
(annunciato per natale scorso e uscito a maggio) finalmente vede la luce la
versione sontuosa e kitch del capolavoro della letteratura americana del novecento.
E mai progetto fu più ambizioso per l’eclettico regista australiano deciso a confrontarsi con uno dei sacri caposaldi della cultura letteraria a stelle e strisce in un percorso impervio e pieno di trappole. La sinossi è conosciuta ai più. Nick Carraway (Tobey Maguire) un giovane aspirante scrittore si trasferisce a New York di fronte la sontuosa villa di un misterioso milionario, Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio) in cui ogni sera vengono date feste memorabili. La sofisticata cugina di Nick, Daisy (Carey Mulligan) sposata con un ex campione di polo milionario, nasconde un passato amoroso proprio con Gatsby e Nick sarà il tramite per il loro incontro a distanza di più di cinque anni.
Luhrmann torna a unire la sua cifra stilistica fatta di dramma e musica che gli ha relegato un posto comodo tra le nuove leve hollywoodiane dopo i fasti di Romeo + Giulietta e Mouline Rouge e reduce dal flop di Australia, in un kolossal pacchiano di ricchezza visiva ostentata e reiterata.
Tolto il lungo incipit d’apertura, espediente inutile e evitabile, la prima mezz'ora scorre via come un lungo sorso di champagne giù per la gola, gradevole e seducente.
E mai progetto fu più ambizioso per l’eclettico regista australiano deciso a confrontarsi con uno dei sacri caposaldi della cultura letteraria a stelle e strisce in un percorso impervio e pieno di trappole. La sinossi è conosciuta ai più. Nick Carraway (Tobey Maguire) un giovane aspirante scrittore si trasferisce a New York di fronte la sontuosa villa di un misterioso milionario, Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio) in cui ogni sera vengono date feste memorabili. La sofisticata cugina di Nick, Daisy (Carey Mulligan) sposata con un ex campione di polo milionario, nasconde un passato amoroso proprio con Gatsby e Nick sarà il tramite per il loro incontro a distanza di più di cinque anni.
Luhrmann torna a unire la sua cifra stilistica fatta di dramma e musica che gli ha relegato un posto comodo tra le nuove leve hollywoodiane dopo i fasti di Romeo + Giulietta e Mouline Rouge e reduce dal flop di Australia, in un kolossal pacchiano di ricchezza visiva ostentata e reiterata.
Tolto il lungo incipit d’apertura, espediente inutile e evitabile, la prima mezz'ora scorre via come un lungo sorso di champagne giù per la gola, gradevole e seducente.
Tutta la gigantesca macchina scenica ed i suoi ingranaggi
narrativi funzionano alla perfezione, e raggiunge lo zenith con le celebri
scene della feste ambientate nella fastosa villa di Gatsby. Poi
inspiegabilmente proprio quando entra in scena Di Caprio-Gatsby il film sembra
perdere quota e invece che spingere sul pedale dell’estro e della magnificenza
visiva il buon Baz si siede, i movimenti di macchina acrobatici e insistiti si
attenuano mantenendo la velocità di crociera del racconto dal taglio quasi “classico”
se non stessimo parlando di un istrionico regista esteta pop della settima
arte.
Sembra quasi che la materia letteraria imponente scivoli tra
le mani di Luhrmann, intimorito da tanta autorevolezza e si lasci andare a
manovre caute e accomodanti.
Non che non funzionino, sia chiaro, tutto brilla di luce propria, compreso Di Caprio che tenta di contenere la propria verve al servizio della storia in maniera egregia ma l’audacia registica viene meno conservando le dinamiche narrative originali del libro (poco male) e dirigendosi mestamente verso un finale il cui colpo di coda è un sussulto piacevole.
Non che non funzionino, sia chiaro, tutto brilla di luce propria, compreso Di Caprio che tenta di contenere la propria verve al servizio della storia in maniera egregia ma l’audacia registica viene meno conservando le dinamiche narrative originali del libro (poco male) e dirigendosi mestamente verso un finale il cui colpo di coda è un sussulto piacevole.
Non tutto combacia alla perfezione, il tema principale del guardare da dentro e al contempo guardarsi al di fuori secondo il punto di vista di Nick non è quasi mai pienamente raggiunto e la Mulligan poco adatta al ruolo, ma il castello d’immagini non crolla neanche sotto il peso di tanta aspettativa. Un buon prodotto cinematografico che non tradisce eccessivamente il romanzo ed è forse questo sia il pregio migliore che il peggior difetto della pellicola.
Da Luhrmann ci si aspettava francamente qualcosa di più
ardito forse, ma che bellezza per gli occhi, fatuo ed effimero come fuochi d’artificio
che una volta finiti si dimenticano presto.
VOTO 6
Nessun commento:
Posta un commento