giovedì 24 giugno 2010

The Road


Regia di John Hilcoat

Produzione: USA 2009 Videa

Sceneggiatura: Joe Penhall

Fotografia: Javier Aguirresarobe

Scenografie: Robert Greenfield

Musiche: Nick Cave, Warren Ellis

Genere: Drammatico

Con: Viggo Mortensen, Kodi Smith-McPhee, Charlize Theron

Durata: 111’



La struggente storia di un padre e del proprio figlio costretti a sopravvivere in un mondo retrocesso ad uno stato primordiale post-apocalittico ed un'umanità che deve fare i conti con le conseguenze della propria feroce natura, sono alla base del bellissimo romanzo dello scrittore statunitense Cormac McCarthy, vincitore del premio Pulitzer nel 2007 e la cui trasposizione sul grande schermo è stata affidata al talentuoso outsider John Hilcoat (The Proposition) che ne dirige un adattamento fedele e crudele aderendo alle atmosfere gelide ed aspre presenti nell'universo letterario di McCarthy.


Di fronte alla compattezza narrativa e lo stile asciutto del romanzo, il regista australiano sceglie saggiamente di eclissarsi mettendosi al servizio della storia, sorretta come un titano mitologico dall'interpretazione eccelsa di Viggo Mortensen, mai così bravo, mai così intenso, qui alla sua prova migliore. Ambientazioni desolate e suggestive carrellate sui cupi scenari di un mondo che muore lentamente, fanno da cornice ai sofferti tentativi di un padre di proteggere il figlio da una vita che non ha più un futuro da offrire. Unica concessione di dolcezza è riservato al ricordo, negli inserti onirici memori di un passato recente che sferza più che alleviare.

E' un film cupo e intenso, che fa male, come ogni cosa sublime che squarcia le resistenze della nostra integrità e ci mette a nudo. Dopo essere stato accolto lo scorso anno alla Mostra del cinema di Venezia è stato a lungo tenuto lontano dai nostri schermi perché ritenuto dai produttori una pellicola troppo triste.

L'unica tristezza è che in un'Italia di cinepanettoni e moccianate le perle siano ricacciate nell'oceano e che continuino a brillare sottotraccia solo per i pochi che si immergono a scovarle, l'unica consolazione è che nell'imbarbarimento culturale di questa epoca, cinema compreso, la loro luce ci ricorda che c'è ancora una bellezza a questo mondo. Purché rara e purché celata. Forse l'unica maniera di possibile.



VOTO 8



venerdì 4 giugno 2010

ADAM

Regia di Max Mayer

Produzione: USA 2009 20th Century Fox

Sceneggiatura: Max Mayer

Fotografia: Seamus Tierney

Scenografie: Tamar Gadish

Musiche: Christopher Lennertz

Genere: Sentimentale

Con: Rose Byrne, Hugh Dancy, Peter Gallagher

Durata: 99’



Adam (Hugh Dancy) è un giovane affetto dalla sindrome di Asperger, una forma lieve di autismo, vive solo dopo la morte del padre, ha un lavoro (sebbene sia al di sotto delle proprie capacità) e nessun impedimento fisico. Apparentemente normale, le sue difficoltà son dovute alla mancanza di empatia con le persone, non riconosce ironia e metafore in un dialogo e ciò lo tende ad isolarsi perché non riesce a stabilire relazioni sociali con gli altri, se non quando parla della sua passione: l' astronomia.

La sua solitudine viene interrotta dall'arrivo di una nuova vicina di casa, Beth (Rose Byrne) una deliziosa e sensibile scrittrice di libri per bambini. Le due solitudini ed i due mondi così distanti si avvicinano con titubanza e speranza, fino ad instaurare una difficile quanto improbabile relazione.


Scritto e diretto da Max Mayer, vincitore del premio Sloan al Sundance Festival del 2009 è anch'esso affetto dalla sindrome di Asperger, un male atipico perché singolarità presente nelle persone dotate di grande intelligenza, nel passato infatti pare ne soffrissero Michelangelo, Mozart ed Einstein tra gli altri.

Il suo film si mantiene su toni formali e mai compiaciuti, funzionale alla narrazione senza sbavature o eccedenze stilistiche. Tuttavia lo script sembra prendersi troppo sul serio, edulcorato e standardizzato, privo di mordente negli snodi narrativi che sembrano scivolare via con troppa disinvoltura disperdendo il pathos costruito con arguzia e bravura in precedenza, puntando maggiormente sull'attività divulgativa della malattia che sulla vicenda.

L'inizio è intimo e molto ben curato, ma sembra promettere più di quel che può mantenere, si regge sull'interpretazione dei bravissimi Hugh Dancy e Rose Byrne (vincitrice di una coppa Volpi a Venezia qualche anno fa) bravi nel tratteggiare dei personaggi fragili alle prese con situazioni delicate ed imprevedibili.

Benché il film soffra di una sorta di eccessivo realismo fiabesco piuttosto preconfezionato mantiene in ogni caso un certo pregio nel mostrare con delicatezza la parabola di un ragazzo alle prese con un'intimità sconosciuta che cerca di entrare nei gangli della vita, che tra scoperte e dolori ineluttabili si dipana verso un finale per nulla scontato.


VOTO 6