mercoledì 22 dicembre 2010

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni


Regia di Woody Allen
Produzione: USA/Spagna 2010 Medusa
Titolo originale: You will meet a tall dark stranger
Sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Vilmos Zsigmond
Montaggio: Alice Lepselter
Scenografie: Jim Clay
Genere: Sentimentale
Con: Naomi Watts, Anthony Hopkins, Josh Brolin, Freida Pinto
Durata: 98'






"Lavoro sempre per disperazione, per paura. Finisco un progetto e non voglio tempo libero [...] così non devo starmene seduto su una sedia a pensare in quale terribile situazione si trovano gli esseri umani." Con questa dichiarazione d'intenti Allen presenta a Cannes il suo ultimo lavoro, e ci indica la chiave di lettura delle sue ultime pellicole: il lavoro indefesso in cui si rifugia, la necessità di una routine cinematografica come via di fuga dal pessimismo comico di cui è permeato ed il cinismo che lo contraddistingue.
In quest'ottica stakanovista filmica, appare chiaro che un calo fisiologico sia ammissibile nella lunga filmografia recente del genio newyorkese, ancor di più se ciò avviene dopo l'ispirato “Basta che funzioni” che aveva rispolverato il Woody Allen d'annata con una pellicola moderna e memorabile.

Per questa nuova pellicola Allen torna nuovamente in Europa, precisamente a Londra e a settantacinque anni suonati sceglie nuovamente di raccontare le nevrosi, i turbamenti e le angosce di due coppie in crisi. La prima rappresentata da Alfie (Anthony Hopkins) e Helena (Gemma Jones) e la seconda dalla loro figlia Sally (Naomi Watts) e suo marito Roy (Josh Brolin). Tutti e quattro alle prese con nuovi amori, nuove prospettive ed una folle ed insana speranza di migliorare le proprie vite ormai in preda alla noia e la vacuità esistenziale. La nuova prospettiva alleniana indica nell'irrazionalità e nella magia la via per l'illusione di un briciolo di felicità “perché a volte le soluzioni magiche sono meglio delle medicine”.

Partendo da una citazione di uno shakespeare nichilista (“..la vita non è altro che rumore e furore. Priva di ogni sostanziale significato”) ci conduce in un intreccio narrativo che tocca i più svariati argomenti: dall'arte alla crisi creativa, dalla maternità alla vecchiaia, dal romanticismo al sesso, percorsi con la presenza stabile sullo sfondo della magia cialtronesca e la sua illusione. I temi portanti dei suoi recenti lungometraggi si ripropongono e si accavallano anche in questo lavoro, così come le scelte stilistiche e le caratterizzazioni dei personaggi, alter ego dell'autore nelle sue varie età, che sembrano stancare o non interessare lo spettatore meno smaliziato.
Ci si ritrova quindi ad oscillare tra l'appagamento e l'insoddisfazione, tra soluzioni eleganti e recitazioni impeccabili, a dialoghi poco rapaci e trama circolare monotona e senza sussulti.
Ma ciò che più appare evidente in questa pellicola è la mancanza di sarcasmo, del gusto della battuta sagace ed irriverente, un film amaro e stanco il cui confine tra farsa e tragedia è quanto mai labile, lasciando che le linee narrative si sfaldino fino ad un improvviso e leggero finale in cui la morte - il cui bel titolo originale metaforico allude (“Incontrerai uno sconosciuto alto e nero”) - aleggia sinuosa danzando sulle illusioni che sono l'unico pasto di cui possiamo cibarci in questa realtà, per avere una sensazione lieve e concreta di felicità.


VOTO 6

martedì 14 dicembre 2010

The social network


Regia di David Fincher
Produzione: USA 2010 Sony Pictures
Sceneggiatura: Aaron Sorkin
Fotografia: Jeff Cronenweth
Montaggio: Kirk Baxter, Angus Wall
Scenografie: Donald Graham Burt
Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross
Genere: Biografico
Con: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Max Minghella
Durata: 120'





Mark Zuckerberg (Jesse Eisenberg), il più giovane miliardario della storia e creatore del social network più popolare ed utilizzato del globo, nel 2004 era solo un promettente studente di Harvard dalla vita sociale esigua, rifiutato da tutte le associazioni elitarie della facoltà e scaricato dalla ragazza.
In una nottata, offuscato dai fumi dell'alcool e dell'orgoglio ferito mette online tutte le foto delle ragazze dell'ateneo di Boston prelevate dall'archivio, con lo scopo di far votare le più attraenti e scartare le più abiette. I computer del campus in breve intasano la linea ottenendo un successo immediato e sorprendente. Multato per aver violato i sistemi di sicurezza dell'università l'impresa di Mark non passa inosservata: due facoltosi studenti, i fratelli Winklevoss, atleti di canottaggio, lo contattano per dar sviluppo ad una loro progetto.
L'idea non avrà seguito ma basterà a far scoccare la scintilla al geniale Mark che prendendone spunto comincerà a lavorare all'odierno Facebook. Il successo è repentino e smisurato e la battaglia legale che ne seguirà sarà spietata e senza tregua.

Questo non è un film su facebook. È bene chiarirlo subito e sgomberare il campo da probabili fraintendimenti.
Questo è un film che parla dei nostri tempi, del nuovo capitalismo americano rampante, del “new american dream” che parte dai campus universitari per conquistare il mondo, sia virtuale che reale, imprenditoria abile e scaltra ad intercettare le pulsioni ed i desideri moderni di una nuova generazione di utenti.
È la genesi di una parabola che ha modificato per sempre le nostre abitudini, la sintesi filmica di un nuovo concetto di socialità e l'analisi cinica e sfrontata di come tutto ciò sia nato e si sia potuto espandere.
Solo Aaron Sorkin (Codice d'onore/La guerra di Charlie Wilson) probabilmente il miglior sceneggiatore hollywoodiano attuale, poteva imbastire una trama così sottile e perversamente ironica, alle prese con la difficile impresa di rendere appetibile uno script complesso e potenzialmente poco cinematografico come il romanzo “Miliardari per caso – L'invenzione di Facebook” di Ben Mezrich da cui la pellicola prende spunto.
Il suo miglior pregio è quello di esser stato capace di lasciar fuori il social network ed il fenomeno sociologico derivante, per andare ad indagare il privato dei protagonisti della vicenda (giudiziaria e non) e le loro relazioni interpersonali con un film “verboso”, poggiato su dialoghi memorabili e brillanti, concentrando lo sguardo sulle dinamiche che hanno prodotto la piattaforma sociale che ha sconvolto la rete ed il globo.

Dal suo canto David Fincher si conferma uno dei maggiori registi della sua generazione, dopo l'exploit con Seven, Fight Club, The Game e Zodiac e qualche passo falso come Panic Room o il recente Il curioso caso di Benjamin Button, torna ai livelli che gli competono grazie ad una regia moderna e dinamica, abile a destreggiarsi tra i vari piani temporali della vicenda e non rimanere impelagato nell'uso massiccio di dialoghi che forma la struttura portante della sceneggiatura di Sorkin.Bravo ad adottare il punto di vista di tutte le parti coinvolte senza trappole retoriche e smarcarsi dal legal-drama virando verso una sorta di thrilling sentimentale.
Tra gli attori Jesse Eisenberg (Adventureland/Benvenuti a Zombieland), il nuovo astro nascente degli Studios, qui dà conferma delle sue doti interpretative con un ruolo non facile, tutto giocato sul contenimento e sulle sfumature, così come l'altro golden-boy Andrew Garfield, che interpreta l'amico e co-fondatore Eduardo Saverin e sarà il nuovo protagonista del reboot di Spiderman, anch'esso convincente e perfetto nella parte, quanto il sorprendente Justin Timberlake a suo agio nei panni del dirompente Sean Parker, creatore di Napster e spauracchio dell'industria musicale.
Una menzione particolare anche alla cupa e ammaliante colonna sonora del duo Trent Reznor-Atticu Ross.

Un film dei nostri tempi, che sviscera nelle moderne inclinazioni sociali, che sottolinea una volta per tutte quanto la vita in rete abbia la stessa rilevanza di quella reale, ormai un segno tangibile ed incontrovertibile del nuovo decennio.


VOTO 7,5