lunedì 23 aprile 2012

John Carter


Regia: Andrew Stanton
Produzione: Walt Disney Pictures; Pixar Animation Studios
Sceneggiatura: Andrew Stanton, Mark Andrews, Michael Chabon
Fotografia: Daniel Mindel
Montaggio: Erik Zumbrunnen
Scenografie: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
Musiche: Michael Giacchino
Costumi: Mayes C. Rubeo
Con: Taylor Kitsch, Lynn Collins, Samantha Morton, Willem Dafoe
Durata: 132'






John Carter è un soldato americano, veterano della settima cavalleggeri (come il suo autore) nella guerra civile che per una misteriosa concatenazione di eventi finisce per essere catapultato su Marte, dove a causa della ridotta forza gravitazionale del pianeta rosso scoprirà di avere doti eccezzionali, capacità che torneranno utili nel momento in cui verrà coinvolto nella guerra civile che impazza tra le razze del pianeta che i locali abitanti chiamano Barsoom.
Era il 1912, esattamente cento anni fa , quando lo scrittore americano Edgar Rice Burroghs (l'autore letterario di Tarzan) il padre di tutta la narrativa che combina la fantascienza con il fantasy dà alla luce il primo dei romanzi del ciclo di Barsoom incentrati sul personaggio di John Carter.
La saga di culto che più di tutte è stata fonte d'ispirazione per tutti gli scrittori più importanti del genere come H.P. Lovecraft, Arthur C. Clark, Ray Bradbury etc.. ed autori di cinema del calibro di George Lucas e non ultimo James Cameron.
In poche parole John Carter è l'archetipo di tutti i personaggi fantasy moderni, un eroe dei due mondi anti-litteram, prototipo di tutti i rimandi nell'iconografia e l'immaginario di saghe popolari moderne quali Star Trek, Star Wars e Avatar che devono molto al personaggio nato dalla penna e la fantasia di Burrohgs.

John Lasseter e Andrew Stanton, menti e guru della Pixar, ancor prima che fosse inglobata dalla Walt Disney, gongolavano all'idea di portare sul grande schermo un colossal sulle vicende marziane di John Carter. Impresa più volte tentata in passato ma mai portata a termine. Sin dagli anni 30, Bob Clampett, il regista dei Looney Tunes, voleva farne il primo lungometraggio animato della storia, ma le poche sequenze girate non passarono il test del pubblico e il progetto venne abbandonato lasciando così alla Biancaneve della Disney lo storico primato.
Negli anni 80 si tentò di nuovo di imbastire un progetto cinematografico, sulla scia dei successi dei film di fantascienza dell'epoca la Disney ritenne la saga su John Carter una valida e potenziale alternativa a Star Wars coinvolgendo nel progetto John McTiernan e Tom Cruise. Il regista pero' non ritenne valido lo stato degli effetti speciali del tempo per poter ricreare degnamente l'universo immaginato da Burroghs e anche questo progetto naufragò.
Nel frattempo i diritti del primo romanzo divennero di pubblico dominio e nessuna major di Hollywood voleva investire tanti soldi in un una proprietà intellettuale che poteva essere saccheggiata da chiunque, sul mercato di massa ormai percepita come un'idea obsoleta e poco originale dopo i successi planetari di Star Wars e Star Trek.

Ed e qui che entra in gioco la Pixar secondo cui John Carter sarebbe dovuto essere il primo film con attori in carne ed ossa dello studio guidato da John Lasseter che per la regia sceglie Andrew Stanton, premio oscar per Miglior film d'animazione con “Alla ricerca di Nemo” e “Wall-E” coadiuvato alla sceneggiatura con il premio Pulitzer Michael Chabon uno dei massimi esperti al mondo in miti popolari.
Andrew Stanton è uno dei fan sin da ragazzino della saga creata da Burroghs, ed ha personalmente acquisito i diritti cinematografici del personaggio pagandoli di tasca propria, covando sotto la cenere il suo più ambizioso progetto reso possibile solo dopo i successi, i soldi e i premi ottenuti con i suoi film con la Pixar.
La Disney diviene produttrice del film con un budget faraonico (si parla di 300 milioni di dollari) ma il risultato è all'altezza delle aspettative?

E qui subentrano tutti i dubbi in una pellicola che paga troppo dazio alle innumerevoli produzioni di genere succedutesi nel corso dei decenni che insieme ad una campagna pubblicitaria totalmente mal calibrata (lo hanno fatto sembrare un film per ragazzini) ne hanno decretato il fragoroso tonfo ai botteghini di tutto il mondo.
Eppure Stanton cerca di dare il suo meglio concentrando in poco più di due ore un materiale narrativo ed emotivo imponente, grazie ad un comparto visivo strabiliante dato dagli effetti speciali straordinari ma non eccessivi, la splendida fotografia di Daniel Mindel , l'eccellente montaggio di Eric Zumbrunnen (collaboratore di fiducia di Spike Jonze) e la preziosa colonna sonora scritta dal premio oscar Michael Giacchino.
Ovviamente la sceneggiatura soffre nel dover condensare un lungo romanzo in un blockbuster condiscendente ai bisogni fisiologici del grande pubblico e rende necessari passaggi didascalici e voce fuori campo in più punti per far intuire meglio cosa accade, ma la cura dei dettagli ed il lavoro certosino di tipica fattura Pixar bilanciano tutti i limiti del caso rendendo questo adventure fantasy meritevole di entrare nell'immaginario collettivo del genere ma che finirà nell'affollato dimenticatoio delle occasioni perdute. Come il sequel annunciato e poi abortito in seguito agli scarsi incassi.


VOTO 6,5


lunedì 2 aprile 2012

Hugo Cabret


Regia: Martin Scorsese
Distribuzione: 01 Distribution
Sceneggiatura: John Logan
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Scenografie: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
Musiche: Howard Shore
Costumi: Francesca Lo Schiavo
Con: Asa Butterfield, Chloe Moretz, Ben Kingsley, Jude Law, Sacha Baron Cohen
Durata: 127'








Il 2011 verrà ricordato come l'anno in cui il grande cinema è tornato a posare il suo potente sguardo al passato, agli albori del cinema come i due film trionfatori agli ultimi oscar “The Artist” e “Hugo Cabret”, all'epoca d'oro artistica in “Midnight in Paris” e in tempi più recenti con “The Help”.
L'opera di recupero della storia del cinema e di restauro di alcune vecchie pellicole indirizzate alle nuove generazioni è divenuta la principale occupazione e premura dell'ormai settantenne Martin Scorsese, - ora alle prese ora con “C'era una volta in America” di Sergio Leone commissionato dai suoi familiari – ma si esplica in maniera più consistente e convincente con la trasposizione sul grande schermo del romanzo “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Brian Selznick. Una sfida interessante anzitutto perché per la prima volta il regista di origini italo-americane si cimenta con un film indirizzato ad un pubblico giovanile nonché per la curiosità circa l'utilizzo del 3D da parte di un grande autore.

Siamo nella Parigi degli anni 30, nella stazione di Montparnasse vive Hugo Cabret un ragazzino orfano che dopo la scomparsa dello zio ne prende il posto di lavoro come tecnico orologiaio all'insaputa di tutti. La sua vera passione pero' è rivolta verso un vecchio automa con cui insieme al padre qualche tempo prima che morisse in un incendio, passava le giornate cercando di riaggiustarlo. Hugo crede che quell'antico automa scrivano contenga l'ultimo messaggio del padre defunto e pur di farlo funzionare sottrae alcuni pezzi all'anziano giocattolaio della stazione finché non viene colto in flagrante e sarà costretto a lavorare per il vecchio George ed estinguere il suo debito.

La passione viscerale per il cinema viene sciorinata in ogni inquadratura da Scorsese, cimentandosi con le nuove tecnologie digitali e tridimensionali, con cui indica soluzioni e potenzialità del nuovo mezzo.
Dirige un opera contemporanea farcita di allusioni e citazioni (Pabst, Lumiere, Fellini, Keaton, Chaplin, Murnau etc..) ad un tempo perduto, un omaggio sincero e potente alla Settima Arte che è un godere per gli occhi ed il cuore.
Quel cuore che è chiave del meccanismo filmico rappresentato metaforicamente dall'enigmatico automa che campeggia nella vicenda.
Grazie anche alle splendide scenografie di Dante Ferretti di cui usufruisce, il 3D diviene funzionale alla narrazione, espressione stilistica e linguaggio d'immagini con potenzialità tutte da vagliare e scoprire con cui Scorsese sembra indicare nuovi scorci narrativi ai futuri registi.
La favola moderna di Hugo è intrisa di magìa, di commozione e meraviglia, il romanzo di formazione alla Oliver Twist intrattiene forse un po' farraginosamente la prima parte del film ed esplode successivamente in un tripudio di immagini, colori e sontuosità visive nella seconda. Omaggiare Meliès, il prestigiatore delle immagini per eccellenza e fautore di un cinema pensato come incanto e prodigio, è un monito e consiglio al tempo stesso di non abbandonare lo stupore e la meraviglia a cui il cinema sottende. Le nuove prospettive tecnologiche divengo con il maestro Scorsese opportunità e non ostacoli per riassemblare insieme i pezzi di quel grande meccanismo, quella dream machine che era, è e sarà sempre il cinema. Grazie Martin per avercelo ribadito!

VOTO 7,5