mercoledì 18 maggio 2011

Source Code


Regia: Duncan Jones
Produzione: Vendome Pictures USA-Francia
Sceneggiatura: Ben Ripley
Fotografia: Don Burgess
Montaggio: Paul Hirsc
Scenografie: Barry Chusid
Musiche: Chris Bacon
Genere: Fantascienza
Con: Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga
Durata: 93'









Risvegliarsi nel corpo di un altro e riviverne ogni volta i suoi ultimi 8 minuti di vita su un treno di pendolari diretto a Chicago, fino a quando non troverà l’attentatore responsabile dell’esplosione. E’ questo il compito del capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal), pilota di elicotteri e veterano in Afghanistan. Di più non può sapere perché la missione è top-secret, denominata “Source Code”.


Torna a distanza di due anni dal suo piccolo capolavoro d’esordio, ‘Moon’ – probabilmente il più bel film di fantascienza del decennio - il regista britannico Duncan Jones, figliol prodigo della star della musica mondiale David Bowie, approdando ad Hollywood con un film dal medio budget (32 milioni di dollari), un cast d’eccezione, seppur ristretto (Jake Gyllenhaal, Vera Farmiga, Jeffrey Wright) e soprattutto una storia di più ampio respiro rispetto al suo primo lavoro, adatta anche ai meno avvezzi con il genere di nicchia come la Science Fiction.
Anche in questo progetto ritroviamo le tematiche care al regista, ed in un certo senso ‘Source Code’ rappresenta il prolungamento naturale di ‘Moon’, continuando a descrivere quella predisposizione ad indagare le possibilità di un individuo, che da solo riesce a cambiare le proprie sorti e quelle degli altri, pur rimarcandone la sostanziale fragilità.
Tutto questo sorretto dall’impalcatura di un genere, lo sci-fi, che negli ultimi anni aveva perso la freschezza e la potenza del canone degli esordi (‘2001 – Odissea nello spazio’, ‘Solaris’)  ridotta alla spettacolarizzazione degli effetti speciali e schiava degli espedienti visivi.

Jones rinnova quella tensione ed utilizza la fantascienza come espediente per indagare le dinamiche più oscure ed intime dell’animo umano, e con il suo ausilio elabora una grammatica introspettiva che scandaglia la psiche e concentrare l’attenzione sul tema portante dell’identità. Bowie junior è abile a riuscire a coniugare queste premesse con l’action-thriller che strizza l’occhio al grande pubblico, a fondere le istanze della fantascienza classica con i blockbuster moderni, senza pagare dazio all’intrattenimento con la sofisticatezza del proprio sguardo, sviluppato con uno stile concreto ed impeccabile. Da elogiare infine la prestazione attoriale di Jake Gyllenhaal, finalmente a proprio agio in un ruolo degno e congeniale alle sue potenzialità interpretative.

Dentro tanta materia cerebrale batte un cuore caldo. Bentornata fantascienza, ci eri mancata.


VOTO 7,5

mercoledì 4 maggio 2011

Habemus Papam

Regia: Nanni Moretti
Produzione: Sacher Film, Fandango ITA
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli
Fotografia: Alessandro Pesci
Montaggio: Esmeralda Calabria
Scenografie: Paola Bizzarri
Musiche: Franco Piersanti
Genere: Commedia
Con: Michel Piccoli, Nanni Moretti, Margherita Buy
Durata: 104'








Alla morte del Pontefice si riunisce il conclave. I primi scrutini si concludono con delle fumate nere, dato che i cardinali favoriti alla successione non ottengono il quorum necessario. Dopo altre votazioni, viene eletto a sorpresa il cardinale Melville (Michel Piccoli). In piazza San Pietro i numerosi fedeli attendono ormai da ore il nome del nuovo Papa e proprio mentre il cardinale protodiacono esce dal balcone per annunciare il nome del nuovo Pontefice, il neo-eletto ha una violenta crisi di panico e fugge via nello sconcerto generale, interrompendo la cerimonia prima che sia proclamata la sua elezione.


A 5 anni dal suo ultimo lavoro (Il Caimano), il nuovo atteso undicesimo lavoro di Nanni Moretti segna una svolta nella geografia sentimentale del regista romano che decide di ambientare la sua storia all'interno delle mura vaticane e di scandagliare da vicino le fragilità umane di una figura imponente che dialoga quotidianamente con il divino, rinchiuso nella prigione dorata vaticana. 
Non una dissacrante opera anti-clericale, ma un film dalle due facce: una più umoristica e l'altra drammatica. Un Moretti diverso, non più perno intorno a cui girano le vicende ma, ingranaggio a servizio della storia. I suoi leit-motiv (l'interno in auto, la scena danzante, lo psicologo..) ci sono tutti ma hanno un sapore diverso, più lieve e mite anche la sua vis polemica. 


Una riflessione sulla solitudine, sulle fragilità e le difficoltà di un uomo di fronte a grandi responsabilità e sul fallimento. Fosse anch'egli un Papa (interpretato da uno straordinario Michel Piccoli) siamo destinati a soffrire soli, con o senza fede Un film ambizioso alla ricerca disperata di un equilibrio formale ed emotivo che non raggiunge mai, incerto tra il serio e faceto. Evitabili e discutibili le scene con i cardinali pallavolisti e alcune trovate surreali in un opera tecnicamente ineccepibile ma sostanzialmente incompleta.


VOTO 6