martedì 27 ottobre 2009

Up


Regia di Pet Docter

Titolo originale: UP

Produzione: USA 2009 Walt Disney

Sceneggiatura: Bob Peterson

Montaggia: Kevin Nolting

Fotografia: Florian Ballhaus

Musiche: Michael Giacchino

Genere: Animazione

Interpreti: Edward Asner, Christopher Plummer, Jordan Nagai, Bob Peterson

Data di uscita: 15/10/2009

Durata: 104’






Il decimo film d’animazione targato Pixar dopo i fasti sulla croisette, resi dall’onore di aprire la prestigiosa kermesse cinematografica di Cannes, (prima volta in assoluto per un lungometraggio animato) ed i record d’incassi oltreoceano, esce finalmente anche nelle nostre sale l’ultimo gioiellino distribuito dalla Disney ed adattato per l’occasione in 3D: scelta quanto mai necessaria, dettata sia dal ritorno in auge della terza dimensione, soprattutto dopo i successi di Mostri contro Alieni e Viaggio al centro della Terra, quanto dalla scelta della Disney, che su questo supporto d’intrattenimento punta con decisione come dimostrano i futuri progetti in uscita.

Siamo abituati ormai quando si tratta della Pixar, ad aver a che fare con prodotti dall’altissimo pregio tecnico nonché culturale, e quando pensavamo che con quel piccolo capolavoro rappresentato da Wall-E si fosse raggiunto l’apice cinematografico e filosofico per un prodotto d’animazione, rasentando la perfezione, arriva questo nuovo e prezioso lungometraggio a far gridare nuovamente al miracolo e ad alzare nuovamente, dopo dieci anni successi, l’asticella delle possibilità, in un connubio perfetto tra lacrime e risate, sintesi totemica e naturale della settima arte.

Diretto magistralmente da Pet Docter, già candidato all’Academy Award per lo splendido Monster&Co. e sceneggiato da quel genio di Bob Peterson, UP narra le vicende di un vecchio venditore di palloncini, Carl Fredriksen (che ricorda la fisicità di Spencer Tracy ed il caratteraccio buono alla Walter Matthau), che rimasto un inconsolabile vedovo decide di coronare il sogno di una vita condiviso dalla sua indimenticata moglie Elle: andare a vivere nel bel mezzo della foresta pluviale, accanto alle bellissime e desiderate Cascate del Paradiso. Per fare ciò attacca migliaia di palloncini alla sua umile dimora che staccandosi in volo comincia il suo straordinario viaggio dirigendosi verso il tanto agognato sud America. Tutto sembra filare liscio, fino a quando il vecchio Fredriksen non avrà una piccola sorpresa: il suo viaggio dovrà condividerlo con un giovanissimo aspirante esploratore di nome Russell, deciso più che mai a guadagnarsi la spilletta d’onore per l’assistenza agli anziani.

Il primo quarto d’ora è puro capolavoro di poesia cinefila, girato con tocco delicato e malinconico e sottolineato soltanto dalla splendida partitura ad opera del compositore Michael Giacchino, il regista si prende tutto il tempo necessario a costruire le magiche atmosfere classiche “chapliniane“ già viste nel sopraffino incipit di Wall-E, riuscendo nella difficile impresa di costruire un arco narrativo intenso in pochi minuti ed in totale assenza di dialoghi, capace di imprimere sin dalle prime battute una forte carica emotiva alla storia narrata ed alla psicologia e le conseguenti motivazioni dei personaggi che costituisce la base che sorreggerà la pellicola.

La seconda parte risulta più frizzante e canonica, con situazioni divertenti dai perfetti tempi comici e battute fulminanti, con la riuscita citazione dei classici film avventurosi targati Disney, risultando un film a più livelli di registro, ognuno dei quali costruito su più strati, capaci si commuovere e divertire un ampio target di pubblico, sia gli adulti quanto i più piccoli, seppur con percezioni differenti, che rappresenta da sempre la filosofia Pixar ed è alla base dei suoi successi.

Da sottolineare l’utilizzo del 3D, dove la profondità di campo permette di avere un punto di vista interno, riscattandosi da banale trucchetto visivo ad elemento espressivo funzionale al racconto, risultando attualmente il miglior prodotto tridimensionale.

UP è un piccolo capolavoro perché sa fondere con leggerezza ironia e dolcezza come si conviene ad ogni storia indimenticabile, per l’originalità dello script, la ricchezza delle sfumature e dei sottotesti psicologici, l’invenzione visiva e la spettacolarità che sottendono alla Meraviglia.


VOTO 8

mercoledì 14 ottobre 2009

Un amore all'improvviso - The Time Traveller's Wife -


Regia di Robert Schwentke

Titolo originale: The Time Traveler’s Wife

Produzione: USA 2009 01 distribution

Sceneggiatura: Bruce Joel Rubin

Montaggio: Tom Noble

Fotografia: Florian Ballhaus

Musiche: Mychael Danna

Genere: Sentimentale

Interpreti: Eric Bana, Rachel McAdams, Ron Livingstone

Data di uscita: 02/10/2009

Durata: 112’




Henry (Eric Bana) è il marito della splendida Clare (Rachel McAdams) ed il loro rapporto sarebbe idilliaco se non fosse duramente condizionato a causa di un difetto genetico particolare di Henry che lo fa viaggiare continuamente nel tempo, sia avanti che indietro, senza controllo né preavviso. Nonostante questo insolito particolare, i due cercheranno di costruirsi una vita insieme, cercando di abbattere le barriere dello spazio e del tempo.

Tratto dal best seller “La moglie dell’uomo che viaggia nel tempo” di Audrey Niffenger e sceneggiato per il grande schermo da Bruce Joel Rubin, già premio Oscar per Ghost, la pellicola - come al solito dal titolo orribilmente deturpato dalla traduzione italiana - si presenta come un film romantico di fantascienza, genere affascinante quanto impervio, abbondantemente saccheggiato da Hollywood.

Il regista tedesco Robert Schwentke, dopo l’infelice esordio con il thriller Flightplane, ci riprova con questo ambizioso quanto improbabile lungometraggio, cercando di coniugare l’iperdosaggio emotivo sciorinato nella storia d’amore con i continui slittamenti spazio-temporali del protagonista, riuscendoci solo in parte, in quanto non riesce a gestire in maniera efficace e verosimile il ritmo narrativo, il tutto condito da una regia confusa e pretenziosa di stampo televisivo.

Lo script, incomprensibile oltreché inverosimile, punta tutto sul feeling dei due protagonisti, che reggono efficacemente il gioco scenico con la bellissima quanto talentuosa Rachel McAdams (che vedremo nel prossimo Sherlock Holmes di Guy Ritchie) e con il corpulento Eric Bana, (Hulk / Munich) risultando una coppia convincente e ben assortita.

La miscela del melodramma con derive esoteriche coinvolgerà certamente il pubblico dalla lacrima facile, nonostante pasticci con i paradossi delle fantascienza, incentrando la focalizzazione sulla tematica relazionale che conduce gradualmente lo spettatore verso il commovente (e scontato) epilogo di un amore che non ha tempo.



VOTO 6

venerdì 9 ottobre 2009

JASON LYTLE - Yours truly, the commuter


E' uno dei dischi più attesi di questo 2009, l'esordio da solista di Jason Lytle, ex frontman dei Grandaddy, una delle band più talentuose ed influenti del panorama indipendente, che dopo 4 album e 15 anni di concerti si sciolsero in seguito alla volontà di schierarsi contro il mercato non firmando per una major, oltre che la crisi espressiva e depressiva proprio del loro leader.
Durante questo arco di tempo Jason si è trasferito dalla natia Modesto, in California, in una sperduta casetta di legno tra le montagne del Montana, ed è lì che in circa sei mesi ha prodotto questo album solista, contenenti idee e soluzioni già care ai suoi precedenti lavori.
Un lavoro ispirato e sincero, permeato da una serenità e pacatezza coinvolgenti, che esprime limpidamente le atmosfere rigeneranti di questo suo distaccarsi dalla frenesia cittadina optando per la placidità dei silenzi immersi negli immensi paesaggi rupestri.

L'inconfondibile voce malinconica di Jason s'insinua fragile tra le note sporcate di elettronica leggera, spesso accarezzata da parti di violino e gli immancabili cori e contro cori, tipico marchio di fabbrica, destreggiandosi amabilmente tra ariose parti armoniche ed intime malinconie che disegnano con semplicità ed accuratezza gli arrangiamenti, consegnandoci un lavoro prezioso ed onirico, leggero e nostalgico.Il singolo "Brand New Sun"sintetizza perfettamente la cifra stilistica dell'album, partendo con un ricamo elettroacustico per poi sfociare in radiose ed eteree melodie.

Pur mantenendo un equilibrio musicale omogeneo e di notevole fattura artigianale (a parte la rockeggiante "It's the weekend" unica parentesi colorata e movimentata dell'album) i momenti migliori sono rappresentati dalla soave ballad di apertura "Yours truly, the commuter" introdotta da una romantica tastierina, dalla dolcissima e minimale "Furget it" accompagnata dalle note struggenti del pianoforte, e dal delicato brano che conclude il disco, "Here for good" perla sognante con sfumature evocative perfettamente lavorate dalla vocina penetrante di Jason.

Chi ha amato le melodie stravaganti e fascinose dei Grandaddy rimarrà sedotto anche da questo album solista del suo ex leader, con meno rumore ed energia forse, ma di certo con lo stesso stupore e la medesima semplicità che da sempre ne contraddistingue l'anima.

VOTO 7/10


lunedì 5 ottobre 2009

Bastardi senza gloria - Inglourious Basterds


Regia di Quentin Tarantino
Titolo originale: Inglourious Basterds
Produzione: USA/Germania Universal Pictures 2009
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Montaggio: Sally Menke
Fotografia: Robert Richardson
Musiche: Nick Perrito
Genere: Azione, Guerra
Interpreti: Brad Pitt, Diane Kruger, Eli Roth, Christoph Waltz, Michael Fassbender
Data di uscita: 02/10/2009
Durata: 153'







Siamo nella Francia occupata dai nazisti, la famiglia della piccola ebrea Shosanna Dreyfus (Melanie Laurent) viene brutalmente uccisa dal colonnello delle SS, il “cacciatore di ebrei” Hantz Landa (Christoph Waltz); miracolosamente scampata al massacro si rifugia a Parigi, dove assunta una nuova identità diviene proprietaria di una sala cinematografica.

Contemporaneamente, sempre in Europa, il tenente Aldo Reine (Brad Pitt) mette insieme una squadra speciale di soldati ebrei, noti come i Bastardi. La loro missione consiste nello scovare ed uccidere ogni soldato nazista che incontrano e prenderne lo scalpo.

L’unità dei basterds, si troverà a collaborare la famosa attrice tedesca Bridget Von Hammersmark (Diane Kruger),spia degli inglesi, in una missione che mira ad eliminare i leader del Terzo Reich, Hitler compreso, che si ritroveranno proprio nel cinema di Shosanna per la première di un film di propaganda nazista.

Un atteso ritorno in grande stile quello del ragazzaccio del Tennessee, che dopo il flop al botteghino del precedente Grindhouse, sceglie i fasti della Croisette di Cannes per presentare la sua ultima fatica, il cui script ha avuto una gestazione decennale, caratterizzata da continui cambiamenti nella sceneggiatura, ripensamenti sul cast e defezioni eccellenti, non ultima quella prestigiosa di Ennio Morricone, che avrebbe dovuto curare la colonna sonora.

La rilettura personale della Storia in salsa pulp e kosher è un chiaro omaggio al suo amore per il cinema, in particolare nel dècor espressionista tedesco dei vari Pabst, Riefenstahl e Von Sternberg, riscontrabile nella fotografia e soprattutto nel titolo e nell’idea ispiratrice di una sorta di remake di Quel maledetto treno blindato (Inglorious Bastard nella versione americana) del nostro Enzo G. Castellari, a cui concede anche un cameo nel film, vero e proprio cult giovanile del regista americano, ma di cui rimane ben poco dell’idea originale.

Che il suo cinema si alimenti di cinema non è certamente una scoperta, anzi ha caratterizzato da sempre la sua cifra stilistica, ma qui la sua incidenza è preponderante divenendo addirittura il mezzo con il quale ridisegnare a proprio piacimento le pagine della Storia, utilizzando la pellicola da 35mm come strumento finale quasi a rivendicare la potenza immaginifica del cinema sull’orrore della realtà storica.

Tipicamente tarantiniana la mescolanza di vari generi – che vanno dallo spaghetti western, al war movie, dal thriller alla spy story - così come altrettanto tipica è la cura maniacale dei dialoghi che fanno parte del suo imprinting, vero e proprio marchio di fabbrica.

Le interpretazioni dei molti personaggi sono di ottima fattura (su tutti un impeccabile Brad Pitt che si cimenta anche in un improbabile quanto divertente siciliano, scimmiottando Marlon Brando ne Il Padrino, e la splendida Diane Kruger) ma il mattatore dell’intera pellicola è senza dubbio un formidabile Christoph Waltz che dà vita al personaggio poliglotta del colonnello Landa, meritando ampiamente il riconoscimento come miglior attore conseguito al festival di Cannes.

La pur corposa durata del lungometraggio, scandito in cinque capitoli, non mina le potenzialità narrative e la versatilità stilistica, pur riscontando un eccessivo zelo di loquacità in alcune parti - specie in quelle in cui si parla del cinema tedesco degli anni 30 – veri e propri sfoghi cinefili forse evitabili che ne rallentano leggermente la ritmicità.

Forse manca una vera caratterizzazione dei personaggi, di cui si accenna e s’intuisce la potenzialità senza narrarla, ma qui è la vicenda il vero motore dell’azione ed il suo talento si presta fino in fondo per una rappresentazione competente e passionale, nel quale dar sfogo al suo talento visivo e l’inconfondibile sensibilità artistica che non rinuncia ai vezzi kitsch, al fetish alla citazione e l’onnipresente mexican standoff che rappresentano il fulcro della sua estetica, appetito da ogni fan e che sarà saziato anche in questo suo ultimo lavoro.

Rigenerante.


Voto 7,5/10