mercoledì 31 marzo 2010

Alice in Wonderland



Regia di Tim Burton
Produzione: USA 2010 Walt Disney
Sceneggiatura: Linda Woolverton
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Chris Lebenzon
Musiche: Danny Elfman
Genere: Animazione
Con: Mia Wasikowska, Johnny Depp, Elena Bonham Carter
Durata: 108’




Che vi sia sempre stata una certa corrispondenza tra l'immaginario fantastico e non-sense dello scrittore, fotografo e reverendo Lewis Carrol e il caro Tim Burton - il cineasta più visionario e dark che Hollywood ha sfornato nelle ultime decadi - lo avevamo sempre sospettato. Era inevitabile quindi che ad un certo punto le due strade si sarebbero incrociate, quindi dopo anni di rumors e tentativi rimandati l'evento tanto atteso prende corpo grazie all'interessamento della Disney, che mette sotto contratto il regista di Burbank per un paio di film, tra cui l'adattamento sul grande schermo proprio delle vicende letterarie narrate nei due romanzi di Carroll: "Alice nel paese delle meraviglie" ed "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò".


Burton opta per una sorta di sequel e non per un remake come i più potrebbero pensare, ritroviamo infatti una Alice diciannovenne alle prese con una festa di fidanzamento ufficiale, preludio ad un matrimonio combinato, dalla quale fugge per inseguire uno strano coniglio col panciotto. Finirà per cadere in un burrone e ritrovarsi in quel Wonderland che aveva già visitato anni addietro.

Le aspettative erano tante, e le premesse sembravano preludere ad un ennesimo capolavoro burtoniano, decisamente offuscato nelle ultime pellicole, ma l'universo onirico e dark del talento burtoniano è imbrigliato tra le ambizioni di una sceneggiatura inconcludente e posticcia e scenografie sontuose e ridondanti, conducendoci in un paese delle meraviglie che di meraviglie ne produce ben poche. Prevedibili e privi di fascino risultano i personaggi monocorde interpretati dalle regine Helena Bonham-Carter e Anne Hateway, e delude anche l'attore feticcio per eccellenza Johnny Depp, indeciso tra un'interpretazione sopra le righe o virata verso il malinconico. L'esordiente Wasikowska in ruolo alquanto improbo, non buca mai lo schermo, ma il suo personaggio così ben definito e ricco di sfumature nel libro qui è riproposto in modo impalpabile e superficiale. Deprecabili molte eccentriche trovate (la patetica deliranza rappresenta il punto più basso toccato dall'accoppiata Burton/Depp) come quella di ergere il cappello del cappellaio matto ad oggetto feticista imprescindibile e vero motore dell'azione filmica, e l'utilizzo pleonastico del 3D utilizzato semplicemente come artificio commerciale, che nulla aggiunge alla profondità visiva, - riadattato in terza dimensione solo in post produzione - dando così ragione alle critiche mosse dal collega James Cameron che lo esortava a sperimentare le nuove tecnologie a disposizione anche come linguaggio narrativo.
Personalmente ritengo il genio di Tim Burton fermo al bellissimo e poetico “Big Fish” del 2003, l'ormai consuetudine di assoldare nei propri progetti sia l'amata moglie che l'amico Depp pare essere più deleteria che rigenerante. Scivola proprio nel suo lungometraggio più atteso perdipiù giocando su un terreno a lui congeniale e non lascia nessuna impronta del suo talento e del suo immaginario, limitandosi a svolgere il compitino disneyano senza infamia e con pochissima lode.

VOTO 5

domenica 14 marzo 2010

The Hurt Locker

Regia: Kathryne Bigelow
Produzione:USA 2008 Videa CDE
Sceneggiatura: Mark Boal
Montaggio:Bob Murawsky
Fotografia: Barry Ackroyd
Musiche: Marco Beltrami
Genere: Guerra
Cast: Jeremy Renner, Kate Mines, Sam Redford, Guy Pearce
Durata: 131'








"La furia della battaglia provoca dipendenza totale, perché la guerra è una droga" - Chris Edgar

Siamo in Iraq, terra desolata e dilaniata dai conflitti. L'unità speciale denominata Bravo Company, un gruppo di artificieri e sminatori dell'esercito statunitense, perde il suo il capo-artificiere sergente Thompson (Guy Pearce) durante una delle tante operazioni di bonifica del territorio cosparso ovunque di ordigni o presidiato da kamikaze pronti ad esplodere. A prendere il suo posto arriva il sergente James (Jeremy Renner) un decano del mestiere che vanta più di 800 bombe disinnescate, dotato di un carattere schivo e impulsivo, totalmente sprezzante del pericolo di morte.
Dopo essere stato presentato in anteprima alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia nel settembre 2008 e fresco trionfatore della notte degli Oscar, il bel film di Kathryne Bigelow - dopo aver patito mesi per ottenere uno stralcio di distribuzione nelle sale- si porta a casa ben 6 statuette su nove nomination. Tra le quali l'accoppiata più prestigiosa ed ambita di miglior film e miglior regia, entrando così di diritto nella storia della competizione come la prima donna a conseguire il premio di miglior regista.
Il titolo della pellicola, nello slang militare americano è usato per definire un luogo particolarmente rischioso in cui la sorte dei soldati è assolutamente imprevedibile, ma identifica anche coloro che sono feriti da un esplosione.
Favorito alla vigilia, il premio è stato ampiamente meritato: anzitutto è una pellicola coraggiosa, indipendente nel senso più nobile del termine, ossia un progetto nato low-cost, costato 11 milioni di dollari, senza nessuna star e che non cede a compromessi filmici o narrativi volti ad addolcire la pillola per il pubblico.
Nasce da una sceneggiatura solida ed originale scritta dal reporter di guerra Mark Boal (già autore dello script di un altro sottovalutato war movie: Nella valle di Elah, nonché attuale compagno della Bigelow) che ha vissuto personalmente con i marines in Iraq per un mese, partecipando alle operazioni del corpo speciale sul campo, consegnando una descrizione intensa e reale delle atmosfere tese e al limite della fragilità psichica a cui sono sottoposti giornalmente i militari dell'esercito a stelle e strisce.
Lo scarto però rispetto le altre pellicole di war-drama riguarda lo stile, asciutto ed impeccabile nella plasticità delle inquadrature, favorito anche dall'attività di pittrice dell'ex signora Cameron ed ispirate dalle sequenze de Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, e la complessità dei personaggi egregiamente descritti con penetranti primi piani dell'architettura dei nobili volti dei soldati consci dell'immanenza della morte; ogni ritratto è una sorta di compendio psicologico migliori di una qualunque seduta psicanalitica.
Talento puro quello della Bigelow che in appena 44 giorni di riprese, solo 6 telecamere ed un budget ridotto al minimo, narra con elegante dovizia di particolari, alcuni dei piccoli tasselli che compongono il grande mosaico della realtà brutale ed insieme terribilmente affascinante della guerra, con scene cariche di tensione grazie ad un magistrale utilizzo di riprese in soggettiva, macchina a mano e montaggio serrato, impreziosito dalll'impiego del ralenty per descrivere l'attimo prima dell'esplosione che da sola vale il prezzo del biglietto. Ottime le interpretazioni del cast, sulle quale si erge imponente la caratterizzazione del sergente James interpretato dal quasi sconosciuto Jeremy Rennes che gli è valsa la giusta candidatura all'Oscar.
Non un film di guerra, ma sulla guerra; che ha il pregio raro di non prender posizione a tal riguardo, se non in sottilissimi sottintesi e leggere sfumature. Che racconta il fascino inquietante della seduzione mortale che la guerra porta con sé dalla quale alcuni soldati non riescono a sottrarsi.

VOTO 8





venerdì 5 marzo 2010

Speciale Oscar 2010



Ci siamo. La notte del 7 marzo verranno assegnati dalla Academy di Los Angeles i prestigiosi Academy Awards, meglio conosciuti come Oscar del cinema, nella rassegna più glamour e celebre del mondo, giunta quest'anno alla sua 82esima edizione, presentata dalla coppia di attori Steve Martin e Alec Baldwin che annovera alcune novità rispetto al passato.
Innanzitutto la categoria del premio come Miglior Film passa dai 5 ai 10 titoli concorrenti, comprendente anche i film d'animazione, prima esclusi e relegati solamente nella apposita sezione del premio. Sezione che anch'essa presenta delle piccole variazioni, permettendo di concorrere per il prestigioso riconoscimento a ben 5 pellicole e non più 3 come fino allo scorso anno.
Detto questo, passiamo in rassegna le categorie più importanti cercando di considerare i favoriti della vigilia, le possibili sorprese e ad abbozzare alcuni pronostici.

Miglior Film

Come già evidenziato, la lotta per la statuetta più ambita è stata allargata a ben 10 pellicole che permette di prendere in considerazione una gamma più vasta di generi e produzioni.
Si passa infatti dall'iper-produzione del mastodontico e rivoluzionario AVATAR, alla fantascienza a basso costo con messaggio sociale di DISTRICT 9, dal popcorn movie d'autore di BASTARDI SENZA GLORIA al duro cinema di guerra di THE HURT LOCKER, dai brillanti ed eleganti dramedy TRA LE NUVOLE e AN EDUCATION, al dramma sociale di PRECIOUS e dramma sportivo di THE BLIND SIDE (ancora inediti in Italia), finendo con il film d'animazione della Pixar UP e all'eccentrico e personale A SERIOUS MAN.
Per quanto riguarda i pronostici in questa sezione bisogna anzitutto ricordare che è dal 2003 anno in cui prevalse il secondo capitolo della Trilogia dell'anello Il RITORNO DEL RE, che il cosiddetto "filmone" non vince la statuetta ed inoltre che storicamente chi alza il premio in questa categoria lo vince anche per la miglior regia (solo in 21 casi su 81 edizioni non si verificato).
Quasi certamente sarà una lotta a due tra gli ex coniugi Cameron-Bigelow con Avatar e The hurt locker mentre improbabili exploit possono arrivare dal tarantiniano Bastardi senza gloria o Tra le nuvole. Molto lontani gli altri nominati.

Pronostico: THE HURT LOCKER voto de-romantico: UP


Miglior regia

Anche in questa sezione la lotta dovrebbe rimanere tutta in famiglia, tra il visionario JAMES CAMERON autore del film più costoso e che ha incassato di più della storia del cinema e la dura ex moglie KATHRYNE BIGELOW, autrice di uno dei più bei war-movie di sempre.
Difficile la possa spuntare a sorpresa QUENTIN TARANTINO con il suo fanta-storico film sui basterds, ancor più improbabili le affermazioni del giovane JASON REITMAN con la sua commedia drammatica sulla crisi finanziaria e LEE DANIELS con il suo durissimo affresco sociale.

Pronostico: KATHRYNE BIGELOW voto de-romantico: JAMES CAMERON


Miglior Attore

La miglior interpretazione maschile dovrebbero contendersela i decani del grande schermo JEFF BRIDGES nei panni del cantante country alcolizzato narrato in Crazy Heart e MORGAN FREEMAN in cui impersona il presidente del Sudafrica nonché premio Nobel, Nelson Mandela nel film Invictus di Clint Eastwood.
Qualche chance potrebbero averla anche il cinico tagliatore di teste GEORGE CLOONEY (Tra le nuvole) e l'inconsolabile COLIN FIRTH scrittore innamorato in A single man di Tom Ford.
Lontanissimo la sorpresa JEREMY RENNER soldato artificiere in The Hurt Locker.

Pronostico: JEFF BRIDGES voto de-romantico: GEORGE CLOONEY


Miglior Attrice

Anche qui la corsa alla statuetta più ambita è una faccenda tra la veterana MERYL STREEP (Julie and Julia) , che vanta ben 16 candidature in carriera e 2 Oscar che risalgono però agli anni 80, e la novellina SANDRA BULLOCK che torna nell'Olimpo del cinema grazie al ruolo di donna tenace in The Blind Side. HELEN MIRRER già vincitrice nel 2007 non dovrebbe impensierire le due favorite, mentre per le giovani scoperte CAREY MULLIGAN (An Education) e GABOUREY SIDIBE (Precious) la sola nomination vale come un premio.

Pronostico: SANDRA BULLOCK voto de-romantico: MERYL STREEP


Miglior Attore non protagonista

Qui appare scontata la vittoria dello straordinario CHRISTOPH WALTZ perfetto poliglotta nazista nel film di Tarantino. Qualche filo da torcere potrebbe darglielo l'esperto CHRISTOPHER PLUMMER che interpreta Tolstoj in The Last Nation o il redivivo WOODY HARRELSON lui famoso pacifista nel ruolo insolito di un militare in The Messenger.
Riempiono la sezione i pur ottimi MATT DAMON capitano della nazionale di rugby nel cliontoniano Invictus e STANLEY TUCCI, feroce assassino in Amabili resti di Peter Jackson.

Pronostico: CHRIS WALTZ voto de-romantico: CHRIS WALTZ


Miglior Attrice non protagonista

Di certo è questa la sezione in cui la lotta sarà più acerrima dove troviamo la vincitrice dello scorso anno PENELOP CRUZ grazie al suo ruolo nel musical di Rob Marshall Nine, le due attrici del delicato ritratto post crisi Tra le nuvole ossia VERA FARMIGA e la giovane ANNA KENDRICK, MAGGIE GYLLENHAAL (sorella del più celebre Jake) con il biopic su un cantante country inventato Creazy Heart e la sorpresa Mo'Nique nel drammatico film indipendente Precious.

Pronostico: MAGGIE GYNNEGHAAL voto de-romantico: VERA FARMIGA


Miglior film straniero

Escluso, nonostante lo sforzo mediatico e produttivo il nostro Bàaria di Tornatore, la lotta per miglior lungometraggio straniero vedrà favorito il già vincitore a Cannes IL NASTRO BIANCO del maestro austriaco Michael Haneke contro il francese IL PROFETA di Jacques Audiard.
Sembrano fuori dai giochi invece il peruviano IL CANTO DI PALOMA della regista Claudia Llosa vincitrice lo scorso anno dell'Oroso d'oro a Berlino, l'argentino IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI di Juan Josè Campanella e l'israeliano AJAMI di Scandar Còpti.

Pronostico: IL NASTRO BIANCO voto-deromantico: IL PROFETA


Miglior film d'animazione

Ogni anno questa categoria comprende pezzi da novanta che non sfigurerebbero neanche nella sezione più prestigiosa ed ambire a titolo di miglior film "in assoluto", come il poetico UP che per la seconda volta nella storia dell'Academy concorre anche nella sopracitata categoria (la prima volta è toccato a La Bella e la Bestia della Disney) ed è con queste premesse che appare scontata la vittoria almeno in questa sezione.
Nonostante i suoi rivali non siano da meno come lo splendido CORALINE e LA PORTA MAGICA di Henry Selick o l'originale FANTASTIC MISTER FOX del genio Wes Anderson. La Disney piazza una doppietta con LA PRINCIPESSA e IL RANOCCHIO di Ron Clements e John Musker, registi dei fortunati Aladdin e La Sirenetta, nomination quasi doverosa per l'anima tradizionale in 2D del cartoon. Conclude la cinquina l'unica pellicola d'animazione non americana: l'irlandese THE SECRETS OF KELLS.

Pronostico: UP voto de-romantico: UP


lunedì 1 marzo 2010

Tra le nuvole -Up in the air-

Regia : Jason Reitman

Produzione: USA 2009 Universal

Sceneggiatura: Jason Reitman/Sheldon Turner

Montaggio: Dana Glauberman

Fotografia: Eric Steelberg

Musiche: Rolfe Kent

Genere: Commedia

Interpreti: George Clooney, Vera Farmiga, Anna Kendrick

Data di uscita: 05/01/2010

Durata: 109’





Ryan Bingham (
George Clooney) è un tagliatore di teste seriale, colui che assunto dalle aziende in esubero di personale si prende la briga di licenziare personalmente, uno ad uno, i poveri lavoratori con disumano distacco e netta precisione. L'infame lavoro lo costringe a viaggiare continuamente da una parte all'altra del Paese, il che lo conduce a vivere una vita sospesa "tra le nuvole", passando da un aereoporto all'altro, sorta di "non luoghi", zone franche in cui il vivere quotidiano rimane relegato all'esterno. Ryan in un anno ha vissuto solo 43 giorni a casa sua ed il suo più grande desiderio è conquistare la fidelity card esclusiva che spetta a chi raggiunge i 10 milioni di miglia di volo.Il suo finto concetto di leggerezza, che esprime durante le sue conferenze, persuade a viaggiare leggeri, applicando lo stesso concetto alla vita reale. Niente legami familiari, sentimentali e coinvolgimenti emotivi, ridotti ad inutili zavorre che una volta disfatte rendono l'esistenza più semplice e libera. Scoprirà però gli errori nefasti delle sue teorie quando incontrerà una saggia e seducente collega Alex (Vera Farmiga) e dovrà fare da chioccia all'ambiziosa ed ingenua novellina Natalie (Anna Kendrick).

Jason Reitman è uno dei migliori registi della nuova generazione a stelle e strisce, figlio d'arte - suo padre è il celebre regista Ivan Reitman, quello di Gosthbuster per intenderci - dopo aver fatto sorridere e riflettere con le sue due precedenti pellicole: lo splendido e sottovalutato Thank you for smoking e Juno (vincitore del festival di Roma lo scorso anno e di un Oscar per la sceneggiatura) non abbandona il suo stile definito dramedy, ossia commedie drammatiche che coniugano ironia e amarezza, riuscendo a concepire un perfetto instant movie filosofico.

Nell'era della crisi globale, il giovane autore ci parla di aspetti profondi con tocco leggero ed ispirato, epurando cliché e banalità, di alcuni aspetti fondamentali come il lavoro: dalla sua ossessione alla disperazione per la perdita, di sentimenti e legami, apparenza e cinismo descritti in punta di piedi, senza moralismi e forzature ma con una grazia e sensibilità che il cinema hollywoodiano sembrava aver perso. Il cast è uno dei punti di forza della pellicola -non a a caso candidati dall' Academy ed in corsa per una statutetta - grazie allinterpretazione della bellissima e talentuosa Vera Farmiga e alla giovane promessa Anna Kendrick. Una citazione a parte merita il divo George Clooney, finalmente in un ruolo perfetto per le sue corde, privo delle solite espressione gigionesche e convincente come non mai.

L'alchimia perfetta tra ironia sottile e gusto malinconico, ben sottolineata dai dialoghi brillanti e inquadrature minimali e colonna sonora folk, rende la pellicola un piccolo trattato della nuova commedia americana aggiornata ai tempi della crisi. Candidata giustamente a 6 premi Oscar.


VOTO 7,5