giovedì 21 ottobre 2010

Watchmen


Regia di Zack Snyder
Produzione: USA 2009 Universal Pictures
Sceneggiatura: David Hayter, Alex tse
Fotografia: Larry Fong
Montaggio: William Hoy
Scenografie: Alex McDowell
Musiche: Tyler Bates
Genere: Drammatico
Con: Matthew Good, Jackie Earle Haley, Carla Gugino, Billy Crudup
Malin Akerman, Jeffrey Dean Morgan, Patrick Wilson
Durata: 163'




Ottobre 1985. Nixon è stato eletto per la terza volta presidente degli Stati Uniti grazie alla vittoria conseguita nella guerra in Vietnam e sul mondo incombe la minaccia di una guerra nucleare con L’Urss.
L’orologio dell’apocalisse segna cinque minuti a mezzanotte, quando si diffonde la notizia che qualcuno ha ucciso un vecchio supereroe in pensione, il Comico, appartenente alle cosiddette ‘Maschere’ ormai da anni fuorilegge, considerati dei Vigilantes. L’ex guardiano mascherato Rorschach è determinato a svelare un complotto che ritiene sia mirato ad uccidere e screditare tutti i supereroi passati e presenti.
Dopo aver con difficoltà radunato la legione di suoi ex colleghi combattenti contro il crimine: Gufo Notturno, Spettro di seta, Ozymandias e Dottor Manhattan (l’unico ad avere poteri reali), scopre un’ampia ed inquietante cospirazione che ha legami con il loro comune passato, ma soprattutto potrebbe produrre catastrofiche conseguenze nel futuro.
La missione è vegliare sull’umanità, ma chi veglierà sui Watchmen?

Prima di parlare del film è doveroso e quanto meno opportuno considerare la graphic novel Watchmen da cui è tratta, la più celebre ed acclamata di tutti i tempi, che sta al fumetto come la bibbia sta al libro, opera del genio visionario di Alan Moore (disegnata da Dave Gibbons), che considerava “infilmabile” e come nelle precedenti trasposizioni cinematografiche delle sue opere (V per Vendetta, From Hell, La lega degli straordinari gentleman) ha chiesto di non comparire nei crediti e lasciato la sua parte di guadagni a Gibbons.
Ad oggi l’unico fumetto ad aver vinto un Premio Hugo e ad essere inserito nella lista del Time Magazine tra i migliori “100 romanzi in lingua inglese dal 1923 ad oggi” e che ha portato il genere ai massimi livelli espressivi, opera ambiziosa e complessa ed impossibile da analizzare in poche righe.

Di fronte ad un’impresa considerata dallo stesso autore impossibile, che ha avuto una genesi lunga vent’anni, passata e poi sfuggita tra le mani di grandi registi quali Terry Gilliam, Paul Greengrass e Darren Aronofsky, fino ad approdare al talentuoso Zack Snyder, il lavoro si considerava arduo ed impervio sin da subito.
Il regista americano, celebrato nel precedente lavoro 300 , anch’esso tratto da una graphic novel di culto, sembra quasi incerto nel prendersi la responsabilità di trarre ispirazione dal fumetto oppure rimanervi fedele. Optando per una sostanziale fedeltà all’originale, quantomeno nell’immaginario e nelle atmosfere, e venendo meno invece per quanto riguarda la natura dell’opera che nulla aveva di spettacolare, esasperando le scene di azione pur di pagare tributo alla cinematograficità della narrazione, cambiando e dilatando decisamente il finale, poco in linea con la soluzione adottata nella graphic-novel, ma recuperato nella director's cut.

Ciononostante il contributo visivo ed estetico è straordinario, che appaga le atmosfere cupe e violente tipiche di Moore, e che ai più forse risulterà indigesta, in un mondo profondamente immerso nella paranoia imperante degli anni 80, in bilico tra i timori di una guerra nucleare imposti dalla Guerra Fredda ed un mondo i cui eroi sono senza poteri, discriminati ed imperfetti, de-costruendo l’archetipo del supereroe classico; alcune scene sono memorabili grazie ad una colonna sonora azzeccata che esalta i frangenti più coinvolgenti.
Certo è che un pubblico abituato alle magnificenze e spettacolari imprese dei supereroi più celebri del grande schermo, tutto ciò apparirà incomprensibile e distante (specie ai più giovani) compresa la durata sostanziosa della pellicola, il cinismo e lo storicismo di cui è permeata, e la difficile comprensione dovuto all’ampio uso di simboli, dialoghi con diversi livelli d’interpretazione, ucronia, meta-narrazione e l’imponente comparto di temi trattati e riferimenti storici e politici.
In definitiva ne vien fuori un lavoro coraggioso i cui meriti ne costituiscono paradossalmente anche i suoi limiti, a cui manca il guizzo geniale per renderlo un capolavoro ma che ha le caratteristiche proprie di un ottimo prodotto cinematografico, un blockbuster ma d’essai. Impavido




VOTO 7,5

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